Epoca Moderna

Il periodo tra il cinquecento e il settecento

Albenga, nel Cinquecento, vede diminuire la sua produzione agricola per via di piene e inondazioni dovute a rotture di argini scarsamente controllati e all’impaludamento di alcuni terreni. A causa degli acquitrini si diffonde in misura considerevole la coltivazione della canapa, un prodotto di scarsa qualità, che procura alla piana fama di zona malsana, infestata dalla malaria. Di questa trasformazione risentono soprattutto i piccoli contadini, mentre risulta relativamente colpita la proprietà terriera di stampo feudale, ancora in mano alle antiche casate. Altre famiglie, sempre di ascendenze nobiliari, prosperano per imprese finanziarie e traffici commerciali legati a Genova e alla sua alleanza con la Spagna. Si mantiene ancora accettabile la condizione degli artigiani e dei piccoli imprenditori: Albenga, infatti, continua ad essere il centro di un ampio territorio che estende i suoi commerci oltre la piana, lungo le riviere e l’entroterra sino al Piemonte.

Il declino economico di Albenga è aggravato, nella prima metà del Cinquecento, dai ripetuti passaggi di truppe spagnole e francesi durante le guerre tra Carlo V e Francesco I. La città, costretta a fornire alloggio e viveri ad eserciti affamati, ad ospitare ambiziosi generali e talora sovrani, come nel 1536 lo stesso Carlo V, viene in breve tempo dissanguata.

Nella seconda metà del Cinquecento si fa pressante la minaccia della pirateria turca e la città deve sostenere un ulteriore sforzo finanziario per rinnovare o ricostruire le antiche mura.
Nonostante le difficoltà economiche, negli anni a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento Albenga conosce un periodo di grande sviluppo culturale: il Vescovo Carlo Cicada provvede ad istituire ad Albenga, il 3 aprile 1569, il Seminario vescovile. Nel 1623, su lascito di Gio Maria Oddi, dottore in legge, viene aperto un Collegio e un corso di Scuole Superiori che permette ai giovani di accedere all’Università.
Nel 1625 si verificano nuove incursioni militari: la Liguria occidentale viene coinvolta nella successione per il Monferrato. I Piemontesi, in lotta contro Genova, occupano Albenga per alcuni mesi e la sottopongono a “duri maltrattamenti”. Nel 1672 ancora i Piemontesi muovono guerra contro Genova e si dirigono verso Albenga, che diventa il centro delle operazioni belliche della Repubblica. I danni provocati dalle ripetute incursioni impoveriscono ulteriormente la città. Le attività artigianali decadono, si riducono i commerci. Compare una piaga destinata ad avere conseguenze ancora maggiori nel futuro: l’emigrazione verso altre località produttive.

Nel Settecento scompaiono del tutto l’attività marittima e la pratica della pesca, anche per il definitivo allontanamento della linea di costa dal centro. Nel 1745 e per alcuni anni tornano ad attraversare la Liguria di Ponente eserciti di varie nazionalità in guerra per la successione di Maria Teresa d’Austria. Albenga deve nuovamente subire la sosta delle truppe e sopportare gli ormai consueti soprusi. Per soddisfare le pretese delle varie soldatesche si arriva alla vendita degli ori e degli argenti delle chiese.

Nel 1794 le armate repubblicane francesi mirano alla conquista di Genova, occupano Albenga e la trasformano in una loro base operativa. Nell’aprile del 1796 vi si insedia per più giorni il generale Napoleone Bonaparte per dare inizio alla campagna d’Italia. L’occupazione della Repubblica di Genova viene completata dai Francesi nel giugno del 1797 e, con una nuova Costituzione, è proclamata la Repubblica Ligure. Albenga diventa capoluogo di un vasto distretto, la Giurisdizione del Centa, ed è sede di un Commissario governativo.

Nel 1805 la Repubblica Ligure cessa di esistere e tutta la regione viene annessa all’Impero Francese. Albenga è ora capoluogo di Cantone nel Dipartimento di Montenotte ed è retta da un Maire. La lingua negli atti ufficiali è quella francese.

Dai resoconti dell’amministrazione francese l’economia di Albenga appare solo ed unicamente incentrata su un’agricoltura povera, ma tale da assicurare anche alla popolazione più umile condizioni di vita accettabili.