L’Ottocento ed il Novecento

L’OTTOCENTO – Sconfitto Napoleone, i territori della Repubblica di Genova, nel 1814, sono assegnati dal Congresso di Vienna al Regno di Sardegna. Albenga diventa Capo–Provincia inserita nella Divisione di Genova, è sede di una Vice–Intendenza ed amministra un ampio Mandamento, che va da Andora a Finale e nell’entroterra sino a Calizzano.

Risale al 1817 la nomina del primo Sindaco. La città, ancora racchiusa nelle mura rinascimentali, continua ad avere un’economia di tipo agricolo, per lo più concentrata nelle mani delle famiglie aristocratiche. Un certo benessere deriva dalla presenza degli uffici mandamentali e dall’apertura di nuove strade di collegamento, come la carrozzabile lungo la costa e le vie che portano verso l’entroterra sino al Piemonte. Riprendono i commerci e compaiono alcuni piccoli imprenditori, ma i contadini poveri, i braccianti, i pochi operai sono talora costretti, per sopravvivere, a ricercare altrove un lavoro, ad imbarcarsi come marinai, o addirittura ad emigrare verso lontani Paesi.

Nel 1861, con l’Unità d’Italia, Albenga perde il ruolo di Provincia, è posta a capo di un più semplice Circondario ed è sede di una Sottoprefettura.
Nel 1872 entra in funzione la linea ferroviaria che collega Albenga al resto del mondo. Stimolati dalle potenzialità offerte dalla moderna via di comunicazione, i contadini abbandonano le vecchie colture, iniziano a bonificare i terreni e impiantano ortaggi e primizie. I nuovi prodotti, richiesti dalle località vicine, inviati verso mercati lontani e addirittura all’estero, generano un inatteso benessere. Nascono ditte di esportazione e fabbriche di trasformazione dei prodotti orticoli.
Il catastrofico terremoto del 1887 non provoca vittime, se non qualche ferito, ma gravissimi danni agli edifici pubblici e privati. L’emergenza, in cui Albenga viene a trovarsi, rallenta per qualche tempo lo sviluppo della città. Sull’onda della ricostruzione, con il ritorno alla normalità, si rafforza l’impresa edilizia, che porta alla costruzione delle prime abitazioni fuori le mura antiche. La vecchia aristocrazia vede il suo secolare potere conteso dai nuovi ricchi imprenditori.

IL NOVECENTO – Lo sviluppo economico di Albenga subisce una battuta d’arresto con la Grande Guerra, che produce un drastico calo dei commerci e una conseguente riduzione della vendita dei prodotti agricoli. I principali generi alimentari vengono razionati e ritorna il dramma della povertà estesa a larghi strati della popolazione. Il perdurare della crisi anche dopo la fine della Guerra spinge gli Albenganesi, nelle elezioni del 1920, a votare, a stragrande maggioranza, una lista di contadini ?progressisti’. La nuova coalizione viene spazzata via con la violenza dai fascisti nel 1922. Subentra al governo della città, dopo elezioni farsa, un’amministrazione fascista.
Nel 1926 il Circondario di Albenga e la Sottoprefettura sono soppressi e la città passa come semplice Comune sotto la Provincia di Savona. In compenso, durante gli anni Venti e Trenta, riprende l’attività agricola, si riaprono le fabbriche legate alla trasformazione, sorgono ditte di spedizionieri. La città ormai modernizzata si espande e le vie adiacenti al centro storico si popolano di nuovi edifici. Il cuore medioevale di Albenga viene restaurato e portato all’antico splendore.

L’entrata in guerra nel 1940 provoca l’immediato coinvolgimento della città nel conflitto. In quanto sede di due caserme e varie strutture militari, Albenga subisce numerose incursioni aeree. Il 12 settembre 1943 truppe tedesche entrano in Albenga e la occupano. Numerosi giovani scelgono la via dei monti e conducono una strenua lotta contro i nazifascisti. I Tedeschi, per rappresaglia, uccidono in diversi momenti 59 civili alla foce del fiume Centa. Dopo il 25 Aprile 1945 inizia l’opera di ricostruzione che si presenta ardua per una città come Albenga che ha avuto oltre 1700 abitazioni distrutte o danneggiate.

Con gli anni Cinquanta tornano a prosperare la produzione agricola e le attività commerciali e imprenditoriali. Il netto miglioramento dell’economia albenganese attira una massiccia immigrazione dal meridione di interi nuclei familiari. Il numero degli abitanti passa da 11.730 abitanti nel 1950, a 15.730 nel 1961, a 19.800 nel 1971. Il consistente incremento della popolazione dà origine, negli anni Sessanta, ad un vero e proprio boom edilizio. Vengono costruiti numerosi palazzi, talora senza un preciso piano urbanistico, mentre il centro storico si spopola dei suoi tradizionali abitanti e subisce un lento degrado.
Sul finire degli anni Novanta rinasce negli Albenganesi l’amore e l’interesse per l’antico centro storico, che sottoposto ad una lenta ma costante opera di recupero è in grado oggi di offrire agli occhi del visitatore l’immagine della bellezza di un tempo.